10 agosto 2022
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CAVALLINO TREPORTI
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TERRITORIO
Batteria Amalfi: una storia di guerra e di speranza

Batteria Amalfi: una storia di guerra e di speranza

È il 1915, l’Italia è in guerra.
Dal 24 maggio 1915, l’esercito italiano entra a gamba tesa in un sanguinoso scontro che cambierà per sempre non solo le sorti europee, ma il destino mondiale.
La Belle Époque è finita e con lei la pace apparente che era rimasta come un velo, a tratti bucato, sopra i tetti europei per tutto l’Ottocento.
Il nord Italia si prepara a difendersi. Non si combatte solo in montagna: le coste corrono agli armamenti e vengono realizzate grandi costruzioni che diventano fortini pronti a difendere la propria patria a costo della vita di molti, moltissimi soldati.
È la storia della Batteria Amalfi, mastodontica fortificazione battezzata col nome dell’omonimo incrociatore affondato nel luglio di quel nefasto anno, il 1915.

Facciata della Batteria Amalfi

La costruzione fu un lampo nel ciel sereno di quelle spiagge che di guerre, forse, ne avevano viste ben poche. Ci vollero solo 17 mesi per completare l’opera, che fu resa operativa nel 1917.
All’interno dell’Amalfi si contavano 14 edifici e il vanto, per l’epoca, era la torre corrazzata girevole a 360°, di tipo navale, armata con due cannoni in grado di sparare enormi granate da 875 chili a quasi 20 chilometri di distanza con una cadenza di un colpo al minuto.
Si viveva, si mangiava e si sperava nella repentina fine di tutto all’interno della Batteria. Erano stati creati alloggi per la truppa e per gli ufficiali, locali per la ventilazione, riserve per cariche e munizioni, lavatoi e latrine. Era una città dentro alla città, una sorta di vita parallela a quella che si viveva fuori, per strada, tra l’incertezza del futuro e un avversario sempre più vicino dopo la disfatta di Caporetto del 1917.

Uno degli ambienti interni della Batteria Amalfi

Un coraggioso trenino correva lungo la costa arrivando fino a questo punto del litorale per portare personale, attrezzature militari e rifornimenti. Un treno per la speranza o forse, per molti, la speranza era di non vederlo arrivare perché voleva dire che la fine della guerra non era ancora vicina. La ferrovia era a scartamento ridotto, che significa che lo scartamento dei binari delle ferrovie è inferiore a quella dell’ordinario, che è pari a 1435 mm.
Lo scopo vitale della triste e allo stesso tempo gloriosa Batteria Amalfi era quello di difendere la città di Venezia, ma nei suoi giorni di attività non scagliò mai la sua potenza contro bersagli navali. Bensì, gettò tutta la sua forza verso la terraferma. I suoi bersagli erano le fanterie e gli avamposti nemici nelle ultime battaglie condotte sul Basso Piave nel 1918.
Proprio nel 1918, la prima Guerra Mondiale terminò cessando di mietere vite. La pace però durò ben poco.
Nel 1939 una nuova guerra infiammò nuovamente il Mondo e la Batteria Amalfi fu occupata dalle truppe tedesche che la usarono e la mantennero in funzione fino all’aprile 1945.
Si sa, le guerre portano miseria e la miseria ricerca soluzioni per la sopravvivenza: l’Amalfi diventò negli anni successivi rifugio di sfollati, rimasti senza una casa, senza una vita e con ben poche speranze a cui aggrapparsi.
Come l’acqua che bagna le coste del litorale, che piano passa e ricorda che il tempo guarisce tutte le cose, il dopoguerra e le sue innovazioni portarono lentamente a quel famoso boom che dagli anni ’50 pose le basi alla nostra contemporanea società.
Da lì il resto è storia: l’Amalfi, il ferro dei suoi cannoni e della sua ferrovia vennero disarmati, dismessi e smantellati.
Oggi, però, vive una vita nuova: è destinata a diventare un museo di sé stessa e un teatro di eventi all’aperto.

La nuova vita da Batteria Amalfi: le visite guidate

Abbiamo avuto l’onore di poterla visitare durante una visita guidata in un soleggiato pomeriggio di inizio luglio.
È stato come tornare indietro nel tempo, in quei bui giorni della storia umana. I muri bianchi, ormai segnati dal tempo e i pavimenti grezzi ci hanno emozionato particolarmente: noi, oggi, la vediamo come un museo, probabilmente non rendendoci conto (non vedendo i suoi armamenti) di quello che potesse essere nella realtà più di cento anni fa.
Chiunque abbia letto o studiato di quella guerra di logoramento può, però, far emergere nella sua mente i volti, seppur immaginari, di quei soldati. Tanti poco più che maggiorenni e che di vita militare ne sapevano ben poco perché nati e cresciuti contadini, tra le campagne italiane.
Sicuramente la parola che useremmo per descrivere questo posto è emozionante, ma di quelle emozioni che ti stringono il cuore e, involontariamente, ti rigano la guancia con una silenziosa lacrima sapendo quello che è stato.
L’Amalfi è stata una protagonista in prima linea dei due eventi più segnanti del cosiddetto secolo corto, scenari di disperazione e di rinascita.
La storia potrà mai redimere l’essere umano dalle atrocità commesse durante gli anni? A questo non sappiamo rispondere, ma sicuramente ci potrà servire da monito perché quello che l’Amalfi ha vissuto sulle proprie mura non accada mai più.